Testo critico di Mario Codognato – La geografia dell’anima, Allegra Hicks

dal 24 novembre 2017 al 27 gennaio 2018

Le città, come i sogni, sono costruite di desideri e paure.
Anche le città credono d’essere opera della mente o del caso, ma né l’una né l’altro bastano a tener su le loro mura.
D’una città non godi le sette o settantasette meraviglie, ma la risposta che dà a una tua domanda

(Italo Calvino)

Una delle grandi innovazioni ed una delle grandi conquiste del secolo scorso è rappresentata dal tentativo da parte degli artisti di abbattere la barriera tra arte e vita e al contempo di trovare una sinergia ed una contaminazione tra le arti. Le immagini si affrancano dal puro ruolo di mimesi della realtà e si immergono e si coagulano con il flusso dell’esistenza, coi suoi continui cambiamenti, con le pulsazioni, con gli odori ed i suoni del mondo. Le immagini si fondono con gli oggetti di uso quotidiano o con quelli che specchiano ed abbelliscono accompagnandosi alla armonia del corpo.

Allegra Hicks segue questo percorso attraverso la sua originale reinterpretazione dell’immaginario partenopeo. Nessuna città al mondo, forse, riesce a far trasudare così senza tregua l’energia vitale che la contraddistingue, come se tutte le contraddizioni dell’umanità venissero a galla, attraverso il suo magma di storia e contemporaneità, di voci e rumori, di mare e di cemento, di cielo e di odori forti, di luce e di tattilità. E di colori, quei colori che Sonia Delaunay chiamava la pelle del mondo, rivestendo dipinti ed abiti, tessuti e automobili.

I dipinti e le opere di questa mostra, rendono tangibile questo legame tra elementi, solo in apparenza contraddittori. Come un alchimista, Allegra Hicks fonde disegni e materiali, colori ed oggetti in un unicum, che emerge come un qualcosa di nuovo e deliberatamente non riconducibile ad una definizione precisa. L’eterogeneità di questi materiali, dal tessuto alla lana, dall’inchiostro alla serigrafia, danno vita ad una sensuale sovrapposizione tattile, ad un accostamento ed un contrasto di quote, che riproduce inconsciamente lo stagliarsi ed il degradare della città dalle alture al golfo. Uno strapiombo visivo ed emozionale che Napoli offre quando vista dal mare, quando la luce e l’atmosfera si stagliano sull’umano e le sue ombre, sulle luci della metropoli. Un cambiamento atmosferico continuo, un sole di notte e un’eclissi perenne dall’oscurità dei vicoli, evidenziata dai lightboxes che Allegra Hicks ha creato per la mostra. Meridiane che segnano un tempo autonomo e corporeo.

Napoli riceve una nuova mappatura. Letteralmente e metaforicamente. L’immediatezza e l’impeto straripante e penetrante dell’inchiostro, la lentezza riflessiva e manuale del ricamo, ridisegnano lo stradario labirintico della città, adagiato come una trasparenza tattile sulla sensualità del lino. A volte come un magma sanguinante, a volte come un filo d’Arianna senza meta, il disegno interrompe la trasparenza delle mappe o delle vedute del Golfo, innescando un processo di simbiosi e di concatenazioni di rimandi tra l’immaginario partenopeo e la stilizzazione dei suoi segni sul tessuto. Gli Ex Voto ricamati in filo d’argento, popolano lo spazio urbano come attori sullo sfondo di una scenografia napoletana, mitica e al contempo in continuo divenire. Sembrano beatamente imprigionati nel dedalo della vita. Il rosso, in tutte le sue sfumature, dal rosso vivo del sangue appena sgorgato a quello scuro del sangue secco, si coagula sulla tela come una pioggia di lacrime, di ampolle, che partecipando all’immaginario collettivo del Sangue di San Gennaro, si espande alla sua simbologia universale. Il colore dell’interno del corpo, il colore dell’eros e della violenza. Sensualità e violenza, creazione e distruzione in un ciclo continuo, riprodotto dal gesto artistico sulle mappe, ora cornice raziocinante, ora ferita aperta e da riaprire.

Il sesso delle città, come quello degli angeli, non è forse davvero definibile e rappresenta una domanda senza risposta. Ma ognuno di noi inevitabilmente ha la sua attribuzione. Per Allegra Hicks, Napoli è certamente donna, seduzione, ventre, cavità, origine, calore. Figure femminili primigenie entrano in trasparenza con la città, con le sue mille grotte, vere od immaginarie, orecchiate o sognate, abitate da mostri o da sirene ammalianti. L’antro della Sibilla si riflette in ogni desiderio. Napoli rigenera se stessa.

 

Mario Codognato

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